venerdì 15 luglio 2011

Un weekend a Parigi

Ecco cosa terrei del mio viaggio a Parigi:
Le  Marais perché è rimasto tale e quale a cinquanta anni fa. Perché i negozi e le brasserie sono veri e non rischi di pensare di essere nelle stradine kitsch del quartiere latino. Terrei la brasserie “Au Petit  Fer a Cheval” perché anche se il cuoco è indonesiano e il proprietario è un francese doc  la cucina è strepitosa. Mai mangiato una insalata con i fegatelli cosi buona.

Salverei il Centre Pompidou perché ha accumulato talmente tante di quelle opere interessanti che ne esci frastornato ma contento e dalla terrazza hai una vista di Parigi meravigliosa ma butterei tutti ristoranti turistici e le brasserie nati intorno alla piazzetta. Una vera schifezza!

Butterei il Museo d’Orsay perché nonostante la sig. Aulenti  lo trovo cimiteriale con tutte quelle opere messe un po’ come delle ossa in una bara. Ne esci annoiato e incazzato perché entri per vedere un opera in particolare e, ogni volta, scopri che l’hanno imprestata ad un altro museo. Ma terrei i custodi perché sembrano così assolutamente disinteressati a quello che hanno intorno da sembrare personaggi nati dalla mente di Tati.  Chiedi loro di mostrarti la “Toilette” di Toulouse-Lautrec e ti indicano sbadigliando il bagno.

Terrei l’essere francese perché è simile a quelle adorabili vecchie zie zitelle che accumulano negli anni oggetti e polvere come veri hoarder e la sensazione che ne deriva è sempre quella di immobilità e di  mummificazione della realtà.

Butterei la Torre Eiffel perché ormai è diventata una caricatura di se stessa con tutte quelle piccole orribili torri colorate che ti inseguono per essere comprate che mi ricorda tanto il nostro piccolo duomo colpevole di aver colpito la testa del premier. Assolutamente da abolire.

Terrei tutti i clochard  perché sono opere d’arte in movimento. Nella drammaticità delle loro vite hanno un fortissimo senso estetico della strada. Costruiscono case virtuali  negli angoli più suggestivi della città che diventano piccole opere di architettura moderna.

Terrei le parigine che come le milanesi ormai sono in via di estinzione. Se ne incontri una ti fermi a bocca aperta  ad osservarla come guardassi un animale allo zoo.

Terrei le sig.re Elisabeth Gratacap e Catherine Legrand  perché vorrei invecchiare come loro e perché sono assolutamente à la page pur non volendolo.

Ed infine terrei la signora Lisette Alibert perché trascorrere cinque minuti nella sua galleria è l’avventura più francese che si possa immaginare.


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