martedì 15 dicembre 2009

Perche rileggere "l'opera da tre soldi" di Brecht?

Perchè fuori nevica e la stufa non scalda abbastanza, perchè sono due gradi e non ho voglia di uscire, perchè il romanzo iniziato non mi piace, sembra scritto da una bambina, perchè il mio migliore amico mi ha dato buca, perchè tutto sommato non siamo tanto diversi dai personaggi, perchè non ho voglia di vedere la tv tanto non c'è mai niente, perchè oggi ho ascoltato Piazzolla e mi ha straziato il cuore, perchè qualcuno doveva essere con me stasera ma non è venuto, perchè la cena sarà frugale e non mi sazierà, perchè la mia cagna ha deciso di starsene seduta dal lato opposto del divano, perchè le persone ti chiamano solo quando hanno bisogno di dirti qualcosa e mai per sapere come stai, tranne te mamma che mi chiami e stai in silenzio e allora capisco che è solo una telefonata per sapere se sono ancora viva, perchè ci mostra delle cose che non desideriamo vedere, perchè alcune cose andrebbero rilette più volte nella vita, perchè mi va e basta.
Bisogna che succeda qualcosa di nuovo. Il lavoro che faccio è troppo difficile, perchè il mio lavoro consiste nell'eccitare la compassione umana. Vi sono alcune cose -poche!- capaci di commuovere l'uomo, alcune poche, ma il male è che, se le usate di frequente, perdono il loro effetto. Perchè gli uomini hanno la tremenda facoltà di rendersi insensibili per così dire a proprio piacimento. Così per esempio avviene che un uomo, che veda un altro uomo fermo all'angolo di una strada con un moncherino al braccio, la prima volta resti così turbato da dargli senz'altro dieci penny, ma la seconda volta gli da soltanto cinque penny, e se lo vede una terza volta, lo consegna tranquillamente alla polizia. Lo stesso accade con le risorse di ordine morale.

venerdì 4 dicembre 2009

"Biscotti al malto fiore per un mondo migliore"


Ti prepari fin da bambina ad affrontare la vita perché ti insegnano che devi essere brava e buona per avere successo e, in questo modo, all’età di quattro anni, ti fottono il resto della vita.
Ti impegni duramente durante i cinque anni delle elementari imparando a memoria poesie incomprensibili che dovrai ripetere con un grande, vacuo sorriso la vigilia di natale, vestita da scozzese nel cuore dell’inverno, ma tu abiti in Italia e hai un gran caldo e le calze di lana ti prudono da morire. Ma fai finta di niente e non ti fai tante domande perché tu sei fortunata, così ti hanno ripetuto dall’età di quattro anni. “Sono pronta mamma ho studiato la poesia e prenderò un bel 9 ma qualcuno potrebbe insegnarmi ad attraversare la strada perché oggi mi hanno messo quasi sotto?” Affronti le medie con coraggio fai finta di niente quando il bullo della terza c ti lancia la cartella, ogni giorno, nella spazzatura e tu alta 1.10 ti devi immergere nell’immondizia di tutto il quartiere bene della città, scoprendo che non sono così raffinati nel mangiare come nel vestire. Ma tu vai dritta per la tua strada perché il tuo dovere è andare in chiesa la domenica e prendere ottimo nella verifica di matematica: suvvia non è così difficile…lo fanno tutti! Arrivano le superiori ed è un trauma perché in classe con te ci sono i figli dei quartieri poveri, quelli che ti fumano in faccia e non sanno neanche che cosa sia un libro ma te ne innamori e così cerchi di fare la ribelle ma solo a giorni alterni perché bisogna studiare e non perdere tempo, mai. Ti laurei con 110 e pensi “sono arrivata” finalmente posso rilassarmi, ma è un pia illusione e dura quanto bere un caffè. “Ci sono persone che hanno fatto un master all’estero, devi farlo anche tu altrimenti non sei nessuno!” e così riparti per altri anni: corsi di perfezionamento, master, corsi di specializzazione ma incominci a diventare pallida ma non importa, puoi farti qualche lampada. Manca il ferro? Iniettiamo. Troppi zuccheri? Dieta ipocalorica. Una mattina mi sono svegliata con un gran mal di testa: sindrome da affaticamento cronico. La nostra generazione vive di illusioni , essere brave e preparate non serve a niente, siamo rimaste ferme: il mondo girava e noi ferme ad aspettare. Alla fine la verità è semplice: il figlio del dentista è dentista, la figlia della farmacista è farmacista , il figlio del notaio è notaio, la dirigente dell’ospedale è l’amante del direttore amministrativo ma sssh non lo deve sapere nessuno ma lo sanno tutti, la ministra l’ha data ad un altro ministro di un altro ministero, se sei transessuale puoi andare in giro in porsche ma poi ti uccidono, nel tuo ufficio tutte l’hanno data al capo-gallo tranne te che infatti sei rimasta a casa . Che fine ha fatto quella tua compagna di classe alla quale facevi sempre copiare i compiti? Ah. è entrata in politica e gira con le guardie del corpo.

giovedì 12 novembre 2009

ragione e sentimento

Avete mai letto qualche blog scritto da uomini sulle donne? Trovo un certo disagio nel leggerli, addirittura alcuni ne fanno una professione, diventando dei veri coach motivati a raddrizzare uomini un pò smarriti Non trovate terribilmente deprimente pensare che gli uomini non riescano a capirci? ma poi mi chiedo che cosa c'è da capire di così difficile da aver bisogno adirittura di un coach? Oramai siamo talmente smidollati da aver bisogno di tutori per ogni cosa, come se non riuscissimo in modo autonomo e indipendente a affrontare la vita. Tutor per fare ginnastica perchè da soli non muoveremmo mai il culone flaccido dal divano, tutor per l'alimentazione perchè sicuramente ci vuole una persona che ci dica che quelle tonnellate di merendine che trangugiamo senza speranza tutti i giorni ci fanno male, tutor per "andare di corpo" perchè se non la fai tutti i giorni qualcuno o qualcosa deve provvedere, tutoriali visivi per fare sesso perchè altrimente faremmo sempre la solita posizione. Ma quando e perchè ci siamo ridotti così? La risposta è in questo surreale racconto: treno alta velocità, tratta Milano-Roma, scelgo, come al solito, lato finestrino in modo da poter osservare fuori senza essere costretta a guardare chi ho davanti e di lato, libro da 600 pag appoggiato sulle ginocchia, inforco i miei spessi, finti occhiali da vista e mantengo uno sguardo completamente vacuo a prova di scocciatura. Nessuno, dico nessuno, avrebbe il coraggio di rivolgermi la parola. I segnali visivi ci sono tutti: mandibola serrata, gambe incrociate e corpo adiacente il finestrino per non dover neanche sfiorare l'altro per non dover chiedere scusa. Inevitabilmente c'è qualche ingenuo, miope, stolto comunicatore che prova a parlarmi: "scusa, l'ho letto anch'io quel libro..interessante ma la fine è così scontata..."oppure "che bella giornata è oggi..fuori c'è il sole..." come se non fossi in grado di vederlo e allora mi assale una rabbia improvvisa, mi si gonfia la vena e proprio non riesco a dire una parola, esprimo solamente un sibilante, ben assestato grugnito. Allora mi viene alla mente che quella persona avrebbe davvero bisogno di un aiutino ma non di un love coach ma dovrebbe riuscire a recuperare la sua parte istintiva, quella che lo avrebbe fatto fuggire da quella situazione. Quella persona ha perso completamente l'istinto, il suo sistema rettiliano è completamente fuori uso. Nessuna specie animale avrebbe fatto un errore simile. In pochi secondi, nell'interscambio comunicativo di quel perdigiorno lo scambio verbale ha ridotto il numero delle sue possibili mosse successive: un vero disastro annunciato! Meglio del nostro povero avventore c'è persino la Somateria mollissima che con le sue 5 esibizioni molto ritualizzate riesce a mandare chiari e inequivocabile messaggi alla femmina. La ragione non è sempre una buona maestra.

martedì 3 novembre 2009

Un caldo "welcome" dal regno delle scimmie urlatrici

In passato, le donne hanno lottato per diritti e libertà particolari come il diritto di proprietà, diritto di voto, controllo delle nascite, esercizio di determinate professioni. Oggi sono amareggiata nel dover ribadire, con un post, l'uguaglianza assoluta tra persone e la massima riduzione del confine che separa maschile da femminile. Le donne vogliono essere considerate persone e non una categoria "donna" intesa come gruppo separato dal resto del mondo. Ma la questione mostra alcune incongruenze e si rischia di avere una visione distorta del problema se viene affrontato da questa unica prospettiva. Negli anni '70 e '80 le donne hanno occupato posizioni sociali importanti e le barriere si sono disintegrate e oggi, anche se con una certa prudenza, chi potrebbe negare che le donne riescano a raggiungere abbastanza facilmente qualsiasi posizione sociale? Nel 1776 John Adams ci definiva "inadatte a praticare e sperimentare le grandi questioni della vita" a causa della nostra delicatezza, nel 2009 il capo del governo afferma, durante un convegno: “Vedo laggiù in prima fila rappresentanti di notevole livello estetico. Sapete che sono innamorato di mia moglie, ma non ho perso il senso estetico e noto delle gambe straordinarie che circolano..." Siamo di fronte ad una involuzione nel modo in cui molti uomini considerano la donna? Oggi gli uomini sono solo più sinceri? Nonostante gli attacchi più o meno ineleganti siamo sicure che sia questo il problema reale? Un mio caro amico un giorno mi ha detto "voi donne non siete state creative... dovevate creare un'alternativa all'essere uomo senza diventarne dei cloni". Lì per lì ne è nata una discussione accesa, ma poi mi ha fatto riflettere. Tutta la battaglia delle femministe si è concentarata sull'uguaglianza legittima tra uomo e donna, che all'epoca era assolutamente necessaria, ma adesso non si è forse appiattita troppo la questione? Non abbiamo spinto, esagerato con il voler a tutti i costi aderire ad un modello sociale maschile cercando di ottenere pari uguaglianza e trattamento? Non avevamo forse una chance di creare qualcosa di diverso, più pulito, che non aderisse ciecamente al modello economico attuale? Abbiamo semplicemente aspirato ad essere come loro. Le donne al potere, non tutte ma molte, aderiscono visivamente e nel comportamento all'uomo, riducendosi ad essere sempilicemente delle persone ma non delle donne al potere. Come ha fatto Condoleezza Rice ,da donna, a non trovare soluzioni pacifiche nel conflitto in Iraq? Non perchè fosse una donna, ma proprio negando il suo essere donna e agendo come un uomo, non è riuscita a trovare un'altra soluzione. Questo è il punto di vista da cui partire per una riflessione.Ultimamente si fa un gran discutere di donne tra i mezzi di comunicazione di massa e sta emergendo la necessità di tornare ad una sorta di risorgimento femminista. Ho il sospetto che il problema non sia che il sesso di appartenenza determini l'involuzione della specie umana, penso che sia il sistema sociale economico e sociale su cui si basa la nostra esistenza ad essere il vero imputato. Il sistema economico ci indottrina fin dall'infanzia. E' dai giocattoli che il sistema economico corrotto ci forma. E se siete un genitore, per favore regalate ai vostri figli dei libri e non delle "Bratz". Se vi è capitato disgraziatamnete di avere due genitori che, forse per sbadataggine, vi ha regalato per tutta la vostra infanzia costruzioni e libri, allora benvenute nel mondo delle "non adatte", "ragazze in carriera solitarie, disperate e devianti"che cercano in un mondo di velini e veline di trovare la propria strada. Il sistema economico non è interressato a formare la morale di un popolo, è interessato solo al business. Come fa una popolazione a basare l'intero sitema sociale sul business? Io non vedo differenze tra uomo e donna, in questo caso siamo solo persone smarrite nella propria abbandanza. Un caldo "welcome" nel regno delle scimmie urlatrici.

lunedì 26 ottobre 2009

Occasioni perdute



Shigeru Ban, progettista giapponese, maestro della leggerezza e del riciclaggio ecologico è diventato popolare in Giappone nel 1995, quando disegnò e realizzò, su larga scala, abitazioni economiche e di rapido montaggio per i terremotati di Kobe, impiegando come materia prima essenziale tubi realizzati con carta riciclata. Progettò delle abitazioni di 16 metri quadrati, con pareti fatte da tubi di cartone e fondazioni costituite da cassette per bottiglie di birra, riempite con sabbia. Tecniche simili furono usate anche per ricostruire temporaneamente la chiesa di Takatori e per il padiglione giapponese presentato all'esposizione di Hannover nel 2000. E' proprio l’utilizzo di carta e cartone, materiali non convenzionali in ambito di design e architettura che lo hanno reso uno dei giovani architetti più brillanti sulla scena internazionale. Minimalismo e sperimentazione legati alla sostenibilità sono le costanti entro le quali si muove l'architetto orientale, in netta contrapposizione alla declinazione hi-tech di molta architettura contemporanea. Alcuni mesi fa l'architetto giapponese, membro della “Voluntary Architects Network", si era offerto di progettare la ricostruzione del Conservatorio dell'Aquila: la realizzazione sarebbe stata in parte fimanziata dall'ambasciata giapponese e in parte da gruppi finanziari in Europa. Una possibilità per la regione Abruzzo di vedere realizzato un progetto straordinario dell'architettura moderna in una regione dove lo stato dell'architettura sembrerebbe definitivamente perduta. Lo stato italiano ha preferito far vincere ad una ditta di carpenteria metallica, con un’offerta al ribasso e senza assicurazioni alcuna sulla sicurezza e l’acustica del complesso, l'appalto con scadenza 22 settembre alle ore 13. Alcuni cronisti hanno intervistato la Protezione Civile che si è giustificata dicendo che “il bando non era chiuso”, e questo il 25 settembre, tre giorni dopo la data ufficiale di chiusura e ha continuato dicendo “fermo restando il parziale finanziamento assicurato dal Giappone di 500mila euro, non risultano esserci altre risorse, tanto meno provenienti dall’estero, per coprire la restante parte dei costi dell’opera. Si è quindi ritenuto di procedere ad una gara pubblica - conclude il Dipartimento - così da garantire, come sempre, la massima trasparenza nell’utilizzo dei fondi pubblici”. Ma ascoltato l’architetto Alessandro Marcello Boldrini, assistente di Shigeru Ban emerge un'altra verità: “Ban ha inviato il progetto alle fondazioni e ai gruppi finanziari più importanti d’Europa. Tutti avevano accettato di sostenerlo”.Come può essere accaduto? "la cultura vince la miseria" ma non in Italia, quando le case nascono per speculazioni di un gruppo di individui ai danni di altri individui, le cose, in questo caso le case non possono essere costruite con "amore" da qui il senso di miseria e di squallore di certe costruzioni che hanno tutte un senso di provvisorio, di malato. Abitate in attesa di andare via.

venerdì 23 ottobre 2009

"il re fasullo di Inghilterra"

Molti pensionati, a causa di pensioni minime, hanno la necessità di trovare un lavoro dopo il pensionamento, solitamente pagati in nero per non abbassare la pensione. Ma siccome viviamo in un paese dove l'illegalità diventa legale, grazie ad un decreto legge, la disciplina del cumulo lavoro-pensione ha dato la possibilità a chi lo desidera di continuare a lavorare dopo il pensionamento, senza dover rinunciare all'intera o a una grossa fetta della pensione. Il decreto legge numero 112 del 25 giugno 2008 stabilisce infatti che, dal 1° gennaio 2009, le pensioni d’anzianità in regime retributivo potranno beneficiare della piena cumulabilità che precedentemente era invece in vigore per le sole pensioni di vecchiaia.Lo scopo originario era di far rientrare a tassazione il reddito di molti pensionati che lavoravano in nero, ma quello che sta accadendo è straordinariamente italiano: il dipendente si fa licenziare, chiede la pensione, e dopo poco tempo (di solito 30 giorni), si fa riassumere dalla ditta. In questo modo può così beneficiare sia della pensione sia dello stipendio. Ma non sono i vecchi pensionati con la pensione minima a beneficiare dell'opportunità, chi la sta utilizzando sono quasi esclusivamente coloro che hanno posizioni dirigenziali. La maggior parte delle persone, infatti, non sono a conoscenza di questa "possibilità", la mia domanda è; anche se lo fossero (a conoscenza) un operaio o un impiegato avrebbero la forza contrattuale e persuasiva di convincere la ditta per cui lavorano ad accettare le loro dimissioni, e poi riassumerli? Io credo di no.
Quindi, da una parte abbiamo operai e impiegati in cassa integrazione, dall’altra dirigenti che stanno duplicando il proprio reddito a spese della collettività!
Inoltre è una opportunità che hanno solo quei privilegiati che vanno in pensione col regime retributivo (cioè, il calcolo è fatto sul loro ultimo stipendio, non su quanto hanno versato nel corso della vita lavorativa). Il risultato è che non solo chi è già privilegiato dalla situazione attuale ha un ulteriore privilegio, ma rimane anche ad occupare un posto di lavoro a discapito di giovani disoccupati. Per aggiungere al danno la beffa: questo periodo di stipendio più pensione vale per il calcolo dei contributi. Cioè, dopo qualche anno, chi non è andato in pensione col massimo, può chiedere che la pensione venga ricalcolata perché nel frattempo ha versato altri contributi (sostanzialmente coi nostri soldi) e chiedere la pensione massima.Ora, ai parlamentari che hanno deciso di approvare questo decreto vorrei chiedere fino a che punto vogliono aumentare il divario tra ricchi e poveri, fino a che punto vogliono affamare la popolazione. Vorrei ricordare loro che una popolazione che fa fatica ad arrivare a fine mese non ha nulla da perdere, "non è la deprivazione assoluta che porta alla protesta ma la deprivazione relativa, ossia la discrepanza tra le condizioni di vita cui gli individui sono sottoposti e quelle che essi pensano si potrebbero realisticamente conseguire"(James Davies).

domenica 4 ottobre 2009

Mangia il pesce azzurro che fa bene al cervello

Vorrei guardare negli occhi, cercando uno spiraglio di umanità, quegli esseri criminali che, in un gesto folle e disgraziato, hanno affondato navi cariche di sostanze radioattive. Vorrei poter chiedere a quei mentecatti se nella stessa estate hanno concesso ai propri figli o nipoti di fare il bagno in quel mare radioattivo. La risposta in uno stralcio dalle intercettazioni telefoniche tra i due boss calabresi "Basta essere furbi, aspettare delle giornate di mare giusto, e chi vuoi che se ne accorga?". "E il mare? Che ne sarà del mare della zona se l'ammorbiamo?". "Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi che con quelli, il mare andiamo a trovarcelo da un'altra parte...".
Il ritrovamento dell'ultimo relitto di un mercantile carico di fusti sospetti al largo di Cetraro (CS), avvenuto il 12 settembre 2009, conferma le denunce di Legambiente e WWF sulle “navi a perdere”, affondate in mare volontariamente per smaltire in modo rapido e illegale rifiuti tossici e radioattivi. È bastato che un magistrato volesse fare chiarezza per trovare le prove di quanto più volte denunciato dalle due Ong dalla metà degli anni ’90 quando la prima nave, battente bandiera maltese, cola a picco al largo di Capo Spartivento. Ad avvallare la tesi dei magistrati sta la testimonianza di Fonti, collaboratore di giustizia, riguardo altre due navi fatte inabissare a Metaponto e Maratea, ma sta anche una relazione firmata dal dottor Giacomino Brancati - medico e consulente della Procura di Paola – nella quale si spiega come “si può confermare l’esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità nel distretto di Amantea rispetto al restante territorio regionale, dal ‘92 al 2001, in particolare nei comuni di Serra d’Aiello, Amantea, Cleto e Malito”. Ma chi ha coperto per anni il traffico di rifiuti? Com'è stato possibile che, per oltre 10 anni, le istituzioni hanno permesso questo scempio a danno nei nostri mari e della nostra salute? La risposta è in quegli intrecci tra politica, servizi segreti, faccenderi e criminalità internazionale ai quali siamo così abituati e assuefatti da pensarli leciti e normali.

martedì 29 settembre 2009

la situazione delle donne nel mondo

Ci sono notizie che non meritano di essere ricordate, altre che vengono dimenticate fino a che non riemergono con forza, inaspettatamente e sono quelle che fanno più male. Dopo aver visto ieri sera lo spettacolo degradante, durante la trasmissione di Gad Lerner, di due donne intelligenti ma dalla dialettica maschilista e sessista, mi sono svegliata pensando alla situazione delle donne in altri paesi e mi è venuto in mente il film “bordertown” di Gregory Nava. Quel film mi aveva colpito terribilmente ed evidentemente il mio cervello non ha mai saputo relegarlo tra i ricordi più vecchi, quelli oramai privi di emozioni. Di quelle donne non parla più nessuno. Oggi sul giornale “ Norte de Ciudad Juarez” in prima pagina leggo un articolo drammatico di Hérika Martínez Prado che parla di 428 casi di delitti a sfondo sessuale tra stupri e molestie, perpetuati a carico di donne, dall’inizio dell’anno. Vorrei che le donne si indignassero e avessero un sentimento di rivolta contro i silenzi di tutti quei giornalisti che decidono cosa mettere nei propri giornali e che non alzano mai la voce su quelle barbarie, anche se lontane da noi ma non troppo, sintomo preoccupante della condizione femminile nel mondo e che si preoccupano di raccontarci che usare la donna come un oggetto per i propri fini commerciali o personali è segno di virilità e normalità. Se questo poi viene raccontato da donne fa ancora più male…

lunedì 28 settembre 2009

Povera Italia!

Un tempo ero un’accanita lettrice di mensili femminili, li leggevo avidamente e mi soffermavo a guardare le pagine pubblicitarie con molto interesse, studiandone i dettagli. Ultimamente hanno perso improvvisamente il loro fascino: mi sembrano tutte uguali e le pubblicità mi sembrano ideate da gruppi di uomini-massa, misogini e privi di gusto. Il prodotto passa in secondo piano, tanto è vero che se non ci fossero le descrizioni o il brand in evidenza si farebbe fatica ad individuare il soggetto della pubblicità. Dov’è finita la creatività? Che tipo di messaggio vogliono inviare alle lettrici questi analfabeti comunicatori? Per quanto tempo ancora il sesso e la bellezza venderanno sogni a milioni di adolescenti? E chi sono queste giovani ingenue donne che comprano i prodotti senza sentirsi manipolate?
Mi piacerebbe conoscere quali sono gli investimenti delle grandi aziende, verso chi e cosa?, a chi andranno i miei soldi? i prodotti che acquisto hanno utilizzato bambini come manodopera o la crema che mi spalmo tutte le mattine in faccia è cruelty free?. Ma questo interessa solo a me.
Secondo la logica commerciale, per pulire casa devo sempre indossare i tacchi ed essere truccata? Che cosa succede se non lo faccio? Verrò lapidata o fulminata dal dio della pubblicità? Mi scuso con tutto il mondo pubblicitario perchè quando sono a casa voglio avere il diritto di rimanere in pigiama, con i capelli raccolti e i calzini di un colore diverso dall’altro. Voglio avere il diritto a mangiare un doppio Mac nel centro di Milano senza sentirmi una balena, di indossare le mie adorate ballerine senza che gli altri mi facciano sentire inadeguata perchè non barcollo in un tacco 15, vorrei tenermi le mie rughe che raccontano tanto di me senza dovermi iniettare del botulino che fa tanto bene alla pelle ma mi fa diventare uguale a tutte le altre.
Ma quello che mi preoccupa di più sono le nuove generazioni, formate da pubblicità spazzatura, da programmi trash e dal nulla culturale. Che cosa vuoi fare da grande, figlio mio? “ …voglio fare il tronista!”. Povera Italia ! questa volta lo dico io.

mercoledì 12 agosto 2009

giochiamo agli indiani e ai cowboys?

Avevo deciso di scrivere, durante l’estate, solo post leggeri, quelli che si dimenticano in fretta come quei romanzi estivi da leggere sotto l’ombrellone, ma ieri ho visto giocare il figlio del mio vicino in strada: era con un amichetto e giocavano alla guerra e in mano avevano delle armi. Giocavano allegramente ad uccidersi e ad uccidere i passanti. Mi si è fermata la testa per qualche istante. Non penso che ci sia niente di male a giocare alla guerra, in fondo ogni bambino della mia generazione è cresciuto a “giochiamo agli indiani e i cowboys?”, quindi perché adesso dovrebbe essere diverso. Forse era drammatico all’epoca come oggi, ma nessuno se ne accorgeva e si interessava a che cosa giocavano i bambini.
Il padre del bambino in questione lavora nell’esercito, suppongo che per lui, diversamente da me, vedere il proprio figlio con in mano una pistola sia motivo di orgoglio.
La riflessione che avrà seguito non può riguardare i bambini, sempre più vittime di disattenzioni adulte, ma delle persone adulte. Ogni volta che affronto l’argomento con gli amici c’è sempre qualcuno che commenta che gli eserciti e la violenza sono necessari al mantenimento della pace. Ma davvero gli eserciti servono solo a proteggerci da “eventuali” attacchi o la loro esistenza ha impedito all’essere umano di evolvere la propria morale verso un tipo di società più pacifica? Siamo così abituati a lasciar fare agli altri, a non occuparci di questioni che interessano la morale che neanche ci accorgiamo di quanto ci siamo involuti. La cosa che ci distingue dagli animali è la corteccia frontale che negli esseri umani occupa molto spazio a differenza di altre specie. Questa ci consente di fare previsioni sulle nostre azioni e in questo modo prevenire e diminuire azioni che potrebbero essere dannose per noi e per l’altro. In molti di noi questa capacità è solo un accessorio. Niente di più. Una società cui manchi la nozione di bene e male è la peggior cosa che posso immaginare. I principi etici sono appresi e variano da cultura a cultura. Quando un genitore lascia giocare il proprio figlio con le armi gli sta dicendo una cosa ben chiara “che l’uso delle armi per difendersi e uccidere individui della stessa specie è giusto”, quando giocano a videogiochi dove l’unico obiettivo è quello di uccidere più persone possibili in breve tempo noi gli diciamo “ok, va tutto bene, tutto questo è tollerato!”. Questa settimana, in Birmania, San Suu Kyi è stata nuovamente condannata a 18 mesi e, in Cecenia, Zarena Sadulayeva (si occupava di reinserire nella società orfani mutilati per impedire che potessero essere arruolati dai gruppi armati, infestanti, ceceni) e Natalia Estemirova (giornalista, erede di Anna Politkovskaya) sono state rapite e uccise, questo rende la mia riflessione ancora più amara.

mercoledì 8 luglio 2009

a colpi di swing

Il golf è uno sport che si pratica all’aria aperta in location da sogno.Gli appassionati cercano luoghi di incanto ed esclusivi dove praticare la loro passione dalla Patagonia a Dubai, da Hong Kong a Nassau .L'origine del gioco è un argomento estremamente controverso:si ritiene comunemente che il golf sia originario della Scozia da dove si è poi diffuso nelle isole britanniche e da lì nel resto del mondo Scopo del gioco è lanciare una palla lungo il percorso erboso, di solito caratterizzato da diverse difficoltà e ostacoli, fino a farla entrare in buca, il green è composto da un minimo di 18 buche. I golfisti scelgono di volta in volta il bastone più adatto per la realizzazione di ogni tiro. utilizzando delle mazze chiamate ferri, legni ,e putter . Il movimento con la mazza è alla base di questa disciplina, (memorabile la scena nel film “Tin cup” dove Kevin Kostner insegna a Rene Russo le regole dello swing), per un buon lancio sono necessari coordinazione, flessibilità e una forza notevole. E’ necessaria una buona preparazione fisica, sia per effettuare colpi precisi che per prevenire infortuni, che si attua attraverso pre-allenamenti specifici in palestra. E’ uno sport che solitamente viene giocato in compagnia perciò ha un forte aspetto socializzante, aiuta inoltre a conoscere i propri limiti. E’ uno sport adatto a tutti. Non servono doti atletiche particolari per giocare bene a golf ma è certo che camminare all’aria aperta per almeno 4 ore, in mezzo a falsopiani e a tratti in salita , senza considerare i 70-140 swings necessari alla conclusione del gioco, durante il quale si attivano ben 32 muscoli dai dorsali ai muscoli del braccio e dell’avambraccio, a quelli della gambe e dei glutei, sono un efficace pillola anti-stress , inoltre,si impegna il sistema cardiocircolatorio alzando la frequenza cardiaca entro la soglia aerobica, ad un livello ideale per il consumo di grassi. Lo stretching è senz'altro di grande aiuto ai golfisti d'ogni livello, ed indispensabile per preparare i muscoli all'allungamento richiesto durante la rotazione del busto nello "swing" La stessa attività aerobica permette al giocatore, specialmente se non più giovane, di sviluppare e mantenere una migliore capacità cardiovascolare che stimola la vasodilatazione e previene l'insorgere d'infarti ed altre patologie legate alla mancanza d'attività fisica. Per i bambini è un ottimo sport infatti insegna a perseguire un comportamento corretto, nel pieno rispetto delle regole di gioco, dell’avversario, e della natura. L’importanza di conoscere le regole e rispetto per un giocatore di golf è massima, si tratta dell’unico sport in cui ognuno è arbitro di se stesso e quindi onestà e rispetto devono far parte del bagaglio di ogni golfista.

venerdì 26 giugno 2009

Avventure con la slitta: lo sledog

Fra le discipline sportive che stanno riscuotendo maggior successo negli ultimi anni c’è lo sledog: si tratta di uno sport piacevolissimo, divertente e praticabile a tutti i livelli sia amatoriali sia agonistici.
Il termine “sledog” deriva da sled (slitta) e dog (cane) e indica un’attività sportiva che coinvolge l’uomo, il cane e l’amore per la natura. Immersi tra boschi di conifere, in una natura incontaminata dove il silenzio regna, circondati da paesaggi mozzafiato e soprattutto, lontani dallo stress della città, vi sembrerà di entrare improvvisamente in un romanzo di Jack London. Lo sleedog, non è solo uno sport ma una vera esperienza sensoriale: sfrecciare sulla neve trainati da una muta di cani vi metterà in contatto con la parte più selvaggia e intima di voi stessi acuendo tutti i sensi. Un’esperienza adatta a tutti, bambini compresi, basta essere pronti a cimentarsi in una pratica antica quanto suggestiva a contatto con la natura e con gli splendidi cani da slitta.
La disciplina sportiva dello sleedog fonda le sue origine nelle desolate e inaccessibili regioni polari dell’Alaska, dove le slitte trainate da cani costituivano l’unico possibile mezzo di trasporto. In Europa lo sport arriva verso la fine degli anni sessanta, da allora si è presto diffuso con club e scuole che lo praticano con grande successo. L’abbigliamento più adatto è quello da sci, vanno bene una tuta e una giacca a vento , robusti guanti, berretto e comode scarpe da trekking. Negli Stati Uniti si disputa, ogni anno, la “mitica Iditaroad” , in memoria del 1925 quando un gruppo di cani percorse in staffetta oltre 1092 miglia per trasportare il siero contro la difterite sviluppatesi nel villaggio Inuit di Nome. In onore di Balto il capo muta che per primo entrò a Nome con il vaccino, al Central Park di New York è stata eretta una statua di bronzo raffigurante il cane sulla quale è incisa l’iscrizione “resistenza, fedeltà, intelligenza”.
Lo sleedog è uno sport ad elevata componente aerobica assimilabile allo sci di fondo, i benefici sono a livello cardiocircolatorio, respiratorio che muscolare. Questo sport permette di migliorare il tono muscolare delle gambe. Gli effetti positivi sono dovuti alla tecnica della pedalata, (come sul monopattino), che consiste nello spingere attivamente, quando è necessario, la slitta. I muscoli degli arti lavorano maggiormente se c’è da superare i dislivelli del tracciato, nella fase di avanzamento e spinta viene tonificata la muscolatura dei glutei. Come tutte le attività prolungate nel tempo, a bassa intensità di sforzo, migliora l’efficienza cardiaca, stimolando la capacità del cuore di pompare sangue nei vasi e in circolo, irrorando i tessuti, Viene potenziata la capacità di ventilare aria e ossigeno in maniera continuativa migliorando la capacità respiratoria complessiva e dei singoli atti respiratori. Dovendo affrontare anche controtendenze, curve e virate, si acquisisce un’ottima tonicità muscolare.,
Non ci sono molti inconvenienti, essendo un’attività fisica non esasperata, tuttavia non sono rari i dolori ai muscoli e alle articolazione, soprattutto le prime volte e qualche contusione da… caduta !!!

giovedì 30 aprile 2009

L'altra metà del libro- Mostra illustratrici



A Sant’Ippolito, il 5 Aprile, è stata inaugurata una mostra itinerante, interessante perché raccoglie numerose illustratrici italiane. Significativo il titolo dato alla collettiva “l’altra metà del libro” che sottolinea bene il valore dell’immagine sulla buona riuscita di un prodotto editoriale, ma la didascalia apre ad un paradosso “professioniste e artiste…”: perché la scelta di scindere l’artista dal professionista? l’artista può non essere un professionista? E allora quando un artista diventa un professionista? Secondo la definizione consueta, professionista è colui che esercita la propria professione a fronte di un titolo di studio, in questo caso una scuola d’arte o un’Accademia per la quale lo Stato riconosce giuridicamente una Istituzione di rappresentanza. In teoria quindi, qualsiasi persona esca da queste scuole è da considerarsi un professionista in grado di produrre arte. Se da un punto di vista della certezza del diritto questo sarebbe corretto e semplice, dal punto di vista della qualità e del valore artistico questo criterio salta. Le librerie sono sommerse da libri illustrati, editi da case editrici importanti, di scarsissimo interesse artistico. Il caso Roberto Innocenti fortemente in polemica con la casa editrice Einaudi mostra come essere un artista riconosciuto e valorizzato dagli editori sia cosa estremamente difficile. Gli editori dovrebbero riuscire a identificare artisti di qualità, promuovendoli ed essere capaci di isolare e scartare artisti di poco valore. Forse il marketing ha invaso il campo dell’arte, chi decide il destino di un illustratore molto spesso ignora completamente che cosa sia un lavoro “fatto ad arte”. Se poi entriamo nell’editoria scolastica, dove gli autori dei libri sono maestre, e a loro spetta la scelta dell’illustratore “giusto”, il danno sarà inevitabile. Quando si sceglie un illustratore per un libro, il curriculum dell’artista dovrebbe essere il suo lavoro, e non la capacità dell’artista di sapersi vendere. Ma perché i migliori illustratori, molto spesso, non trovano una collocazione nel mercato italiano? Lascio la conclusione a Bruno Munari che, già agli inizi degli anni ‘70, dichiarava “…l’artista lavora per lui e per un èlite che lo possa capire…Questa èlite è formata dalle persone più importanti di una società, e condiziona il resto della società. Secondo il tipo di società si ha un tipo di èlite diversa. Supponiamo il tipo di società di gente corrotta, di furbi e speculatori, di parassiti, di ignoranti e quindi presuntuosi, di ipocriti e di disonesti… ebbene, da questo tipo di società si avrà un èlite composta dal più furbo, dal più corrotto, dal più reazionario…Ora possiamo domandarci: quale tipo di arte può consumare questa particolare èlite?”.
foto: Maddalena Arcangeli, una delle 23 illustratrici presenti alla mostra

giovedì 16 aprile 2009

Chi non ha paura della propria ombra?

Chi non ha paura della propria ombra? O dei temporali? O della radio che gracchia canzoni? O della aspirapolvere che potrebbe inghiottire chiunque? O degli ombrelli che come spade verso il cielo potrebbero ferirci?. Non è solo una questione di prudenza ma di volersi così bene da non provare disagio nell’essere così timorosi. Non è che ci si vergogni o ci si nasconda, si è quello che si è, punto e basta. Senza pretese. Vivere abbassandosi quando si attraversano tendoni alzati come vele dal vento o aggirare una pozzanghera per non bagnarsi o abbaiare quando dei piccoli puntini dalla forma umana si avvicinano è solo questione di stile di vita. Poter stare in automobile… allora sì che tutta la vita sembrerebbe sicura. Rimanere lì, per sempre, vedere il mondo attraverso un finestrino, magari con qualche centimetro aperto ma non troppo per non far entrare troppa vita, tutta insieme.
E’bello poter trascorrere la propria giornata con persone che sanno apprezzare la diversità, nessuna finzione, sensibili abbastanza, da farti entrare ai primi roboanti tuoni o tenerti in disparte durante i rumorosi party, senza dover salutare e scodinzolare a tutte quelle sorridenti persone. In quanto ai premi, niente vale più di un luogo lontano, isolato da tutto perchè lì ci si sente liberi di correre, di annusare, di rotolare il corpo nella natura per nascondere il proprio odore, non per cacciare ma per rimanere ancora un po’ in disparte. Andare, a passo spedito, con il tartufo in azione, lungo i sentieri rocciosi, curva dopo curva, respirando veri attimi di gioia, poi, aspettare, perché è meglio andare tutti insieme, fare squadra, non si sa mai… qualcosa potrebbe sbucare da dentro una tana.

lunedì 6 aprile 2009

Arte e bolle di sapone

Nell’arte contemporanea non c’è più speranza, nessuna prospettiva per il futuro, nessuna utopia ma solo istantanee di una vita scabra e senza affetti. Ne ho avuto la conferma, un po’ di anni fa, passeggiando per le gallerie del Moderna Museet di Stoccolma inciampando nell’opera di Paul McCarthy “the Garden”. Non ho avuto reazioni per qualche minuto perché il mio cervello ha impiegato un po’ per capire se si trattava di un opera o una performance o qualcos’altro: manichini a dimensione reale animati da un movimento meccanico compivano atti osceni contro un albero. Il fatto di non aver avuto reazioni mi ha portato a pensare che forse quell’opera aveva fatto leva sul mio lato un po’ inadeguato o voyeuristico, e alla fine reale, di quello che l’essere umano è diventato, non molto diverso da quei personaggi grotteschi che animano il mondo dell’artista. Siamo così attratti dalla morbosità da appassionarci a storie finite tragicamente, creare del business intorno a scene del crimine organizzando tour per visitare i luoghi del misfatto, ma poi rimaniamo freddi ed indifferenti se la nostra vicina di casa viene massacrata ogni giorno dal marito o se vediamo nelle nostre strade una donna in difficoltà, come se il non vedere corrispondesse al non accaduto. Siamo così diversi dall’inquietudine del personaggio del video “Tubbing” che esprime la sua difficoltà a relazionarsi con la realtà giocando con il ketchup e salsicce fino a farne metafore di escrementi e fluidi corporei o da quel genitore che canta al proprio figlio soggiogato “ Daddy come on for work again…”? l’arte contemporanea non è così lontana dalla realtà, è la realtà stessa ad essere brutale e senza speranza. L’arte pubblicitaria patina la realtà con un accattivante packaging, qualche velina profumata e tanta speranza per il futuro. Una sdolcinata realtà fatta di bella gente, vestita bene, con macchine superveloci, con case pubblicate sui più importanti mensili d’arredamento, ed è tutto un proliferare di parole come lusso, originale, prestazioni, quotazioni, gift, benefits, benessere, spa. A questo punto mi chiedo qual è la vita reale o meglio, a quale realtà preferisco credere?
Nel dubbio rimango seduta accanto ai bagnanti ad Asnières a godermi una bella giornata di sole.

giovedì 2 aprile 2009

Little Windy



La piccola Windy non riusciva a capire perché i suoi genitori si ostinassero a volerla far socializzare con gli altri cani: lei era una bambina!
Lei odiava i cani, i loro odori, i loro stupidi giochi, mal sopportava quando riportavano la pallina o inseguivano le farfalle o ancor peggio le lucertole. Li guardava insospettiti soprattutto quando la invitavano a giocare, niente era più terrorizzante, niente la faceva rabbrividire come un essere a quattro zampe che scodinzolando le si avvicinava. Lei si fermava ad osservarli, a distanza, come si osservano le cose estranee e diverse. Sicura, da quel chilometro che la divideva dal resto del mondo, si rannicchiava sulla panchina del parco e si lasciava andare al sogno di essere quello che non era.
Come tutti gli esseri sensibili si faceva molte domande: non riusciva a capire perché era costretta ad aspettare fuori dalla porta insieme agli altri cani per la consueta visita di controllo o perché quei deliziosi biscotti baklava della signora Elka non le venivano mai dati o perché c’erano cose che le erano vietate come andare a dormire dentro le lenzuola di flanella quando faceva molto freddo o perché in macchina doveva stare nel bagagliaio insieme alle valigie o perché la sua mamma per non perderla l’aveva equipaggiata di una medaglietta con il suo nome e un numero di telefono da tenere pesantemente al collo…
Ma tutto sommato stava crescendo serena perché convinta che tutto questo si sarebbe risolto non appena fosse diventata grande.