lunedì 5 luglio 2010

A River Dream

Galleggio silenziosa sopra uno specchio d’acqua verde, limpida. Il fiume che attraversa la gola coccola il mio corpo.
Osservo il manto che ricopre la montagna, sembra muschio.
Poco più in là l’acqua diventa azzurra, quasi trasparente e scorre più in fretta.
Voglio raggiungerla.
Lascio l’inerme pozza d’acqua e mi immetto nel grande fiume.
Non mi assale le paura ma una strana calma come se l’acqua fosse il mio elemento naturale.
Io come una trota arcobaleno risalgo il fiume.
Boccheggio due e tre volte e comincio a nuotare controcorrente .
Sembra che il cielo voglia superare la terra e andare oltre. Ho un senso di vertigine nell’immaginarlo.
La terra sembra una conca immobile. Un gabbiano gareggia con le nuvole.
Sotto le fronde la luce filtra appena.
Perduta oggi come tanti anni fa. Nei suoi occhi ebano mai veramente miei vidi perfettamente la mia paura riflessa nei suoi.
Nella sua pelle amica del sole, nei suoi capelli increspati dal salino rividi me stessa che rigida, arrancava fino al suo cuore occupandolo in pochi istanti. “Troppo tardi “ pensai “ mai più e per sempre".
Ma il cuore non segue mai il pensiero.
Lui sarebbe rimasto per sempre in me e il mare sarebbe diventato il mio destino. “Non è facile” pensai “dimenticare”, neanche oggi dentro questo fiume che stordisce e trasporta con sé il dolore. Lo strazio si sedimenta come la testa di un insetto conficcata nelle carni. Bisogna scartare il primo strato per intravederlo facendo leva sul pericardio, scassinare il secondo molle e rossastro ed estirparlo. Solo con un atto di coraggio si riesce ad eliminarlo ma non è raro che la testa rimanga conficcata nella pelle con la morte che divora.
"Senza Titolo" (Robert Rauschenberg)