venerdì 10 dicembre 2010

I noiosi pomeriggi di George B.


Il signor B. odiava svegliarsi, dopo poche ore di sonno, tutto accaldato e sudato perché la moglie, a sua insaputa, aveva alzato la temperatura della camera.

La moglie del signor B. amava il caldo e si sentiva a proprio agio nei climi tropicali.

Il signor B. non amava parlare di primo mattino, si sedeva in soggiorno e, sorseggiando il suo caffè amaro, leggeva in modo molto serio il giornale. Non tutto, però, perché aveva il brutto viziaccio di appoggiare la tazzina bagnata sopra i titoli o sopra l’editoriale, che non riusciva così mai a leggere.

La moglie del signor B. amava parlare molto di primo mattino e di qualsiasi argomento: del tempo, della caducità dei gerani odorosi, della vicina e del suo isterico gatto, di se stessa e della propria beltà.

Il signor B e la moglie del signor B. possedevano George, un bassotto a pelo ruvido.

Ogni giorno George veniva portato fuori, intorno alle 11, dal signor B per la consueta, igienica passeggiata.

George non era un cane qualunque, ma era il cane del signor e della signora B., per questa ragione riscuoteva un certo rispetto nel quartiere.

Dal salumiere riceveva gustose salsicce, che venivano lanciate dal paffuto esercente con una inaspettata forza ed entusiasmo che, la maggior parte delle volte, finiva per colpire i poveri clienti, che uscivano dal negozio con pezzi di salsiccia tra i capelli.

Dalla figlia del fioraio riceveva delicate coccole sulla testa. George rotolava sulla schiena e con la sua linguetta viola invitava la bambina a giocare. La bambina, nota nel paese non per il suo acume, non capiva.

Il pomeriggio era dedicato agli esercizi spirituali e alla quotidiana visita allo zio della signora B.

George odiava tutti i pomeriggi della sua breve ma intensa vita canina. Non essendo possessori di anime, a tutti i cani è vietato entrare in chiesa, ma non a lui. Essendo il cane del signor B., doveva avere uno straccio di animella da qualche parte e così era ben accetto anche dentro la minuscola, maleodorante, chiesa del paese.

L’oscurità, il freddo e l’intenso odore di incenso, mettevano George a disagio e, mestamente, si rannicchiava accanto alle grosse caviglie della signora B., sperando, ogni volta, di non venirne calpestato. Ma dopo il freddo, la liturgia della parola, quella eucaristica e il saluto finale, il terrore si faceva strada nella oramai offuscata mente di George mentre, con la rumorosa Bentley del signor B., si avvicinavano a tutto gas a casa dello zio della signora B.

Niente poteva far presagire l’oscura presenza all’interno di quel bel palazzo vittoriano. La sequenza era sempre la stessa. Suono del campanello. Nessun rumore. Aspettare cinque minuti. Cercare le chiavi da dentro la borsetta. Entrare. Buio. Accensione delle luci. E, da quel momento, il nulla; perché George non era mai riuscito a vedere lo zio della signora B.

Ne aveva visto un piede uscire da dietro una tenda, un braccio peloso da sotto il letto e un pezzo di schiena dalla porta del bagno, ma mai la figura intera. Lo zio della signora B. non era mai stato visto interamente da nessuno. Le uniche persone che riceveva erano la signora e il signor B.

Ma la cosa che terrorizzava George era l’assoluta mancanza di odore dello zio. Un essere umano senza odore.

La signora B. preparava il tè e il signor B. versava gli shortbread, i preferiti dallo zio, in un piattino sbeccato. Ed entrambi allungavano la tazza di tè fumante e i biscotti verso la mano che usciva sicura da dietro il divano a fiori. Non si conversava. Mai. George poteva solo sentire i rumori provenienti dagli oggetti scontrati distrattamente dalla signora e dal signor B. Verso le sei la signora B, risoluta, prendeva in braccio George e, con la stessa risolutezza indossava soprabito, cappello e foulard, incorporando il povero George tra il petto e i bottoni del cappotto.

Il ritorno nella enorme casa dei signori B. era per George rassicurante. Avrebbe ritrovato la sua calda cuccia e il suo cibo e si sarebbe lasciato andare alle sue consuete riflessioni sul perché gli umani siano così poco interessanti. Riflessioni che sarebbero durate fino alla successiva passeggiata mattutina.

Bonne nuit!

(to Sebastiano)